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OGGETTO: Giudici ed assassini.
Porto D’Ascoli, 4 aprile 2008
La notte del 21 gennaio 2006, sulla Statale Adriatica in San Benedetto del Tronto, alla confluenza con la sopraelevata, un balordo, nella sua spavalderia da ubriaco, incrociava ed impattava con la sua macchina, spinta a velocità folle la Yaris di mio figlio Francesco che ivi perdeva la sua giovane vita insieme alla povera Cristina sua moglie.
Il 2 aprile 2008 si è esaurito in un nulla il macchinoso farraginare che da oltre due anni ha visto impegnati Leggi e preposti mentre, nel frattempo, noi di famiglia siamo dovuti rimanere alla finestra, fino alla fine, proprio come soggetti interessati solo marginalmente (!).
Si è esaurito, come dicevo, perché in Ascoli, d’avanti al Giudice D.ssa Panichi il balordo è stato condannato esemplarmente (!?) ad 1 anno e dieci mesi di reclusione con tutti i benefici (!) e con tanto di sospensione della pena.
Insomma va tranquillamente a casa!
E può anche scordarsi di tutto visto che tutte le altre incombenze le disbrigheranno le assicurazioni. Insomma questa sua noia, forse soltanto un po’ dispendiosa (ma poi ci pensano i genitori!) è finita! Egli, che non ha mai avuto neanche il coraggio di manifestare un briciolo di pentimento, potrà persino festeggiare l’evento e, magari,
riubriacarsi!
Giovani drogati e ubriachi alla guida, datevi da fare, perché tanto poi, in Italia, è tutto lì
!
Il dolore per quelle vite stroncate resta soltanto di noi anziani genitori e dei fratelli; ed è un dolore che si rinnova ad ogni istante che passa senza che suoni il citofono di casa per farci esclamare, come una volta: - Eccoli, sono loro! E poi vederli, vivere della loro vitalità e rimanere coinvolti dalle loro divertenti canzonature.
Mentre i loro corpi sono lì a dissolversi nell’imperscrutabile, c’è una sola immagine che conservo, martellante e terribile nel cervello: è quella di un povero ragazzo che lascia il suo futuro di fortune e di gioia ed i suoi sogni dentro ad una macchina accartocciata e, da una posizione impossibile, pietisce per più di due ore, con i suoi rantoli, un aiuto che non gli si riesce a dare. Chissà quanto avrà sofferto così solo!- e magari cosciente di trovarsi in una situazione così tremenda.
Ancora non mi dà riposo il sapere che, mentre tutto questo avveniva, noi eravamo tranquilli a casa nostra!
Adesso la condanna resta a noi perchè la "prassi" vuole che noi si stia a mercanteggiare con le assicurazioni per stabilire cosa vale ( in soldi!) tutto questo!
Quanto scambierei la mia condanna con quella dell’assassino!
Vergogna Italia! Con tutte le tue istituzioni.
Vi ringrazio per lo spazio anche se, oramai, c’è più nulla da fare.
Catello Izzo.