Giuseppe Sciarpelletti, 27 anni - Lanuvio (RM)

Giuseppe Sciarpelletti

La sera del 10 settembre 92 alle 21 mio figlio Giuseppe, di 27 anni, perм sulla Statale Appia: tomava a casa in motocicletta, superata una curva percorreva un rettifilo a 70 km. orari quando un autobus, proveniente da un passo interpoderale chiuso e non segnalato sulla sua destra, uscм improvvisamente senza arrestarsi allo stop e si immise contromano sulla statale in direzione opposta alla moto, provocando l’impatto e la caduta di Giuseppe.

L’autista dell’autobus, invece di soccorrerlo, innestт la marcia indietro cercando evidentemente di riportarsi nella rimessa che aveva appena lasciato - и verosimile che proprio durante questa manovra lo spigolo del paraurti abbia urtato mio figlio al fianco destro procurandogli le lesioni mortali - e fu solo l’intervento degli abitanti delle case vicine, usciti in strada all’urto, ad impedirgli di raggiungere quello scopo.
Soccorso da automobilisti di passaggio e trasportato in ospedale Giuseppe lasciava la sua famiglia all’una circa dell’ 11 settembre 1992.
Il processo civile si и concluso dopo 7 anni con una assurda sentenza che sbrigativamente attribuisce al conducente dell’autobus solo il 50% di responsabilitа nell’uccisione di mio figlio, con un risarcimento del 50% di quello che la Vittima aveva "consumato in vita"....

Giuseppe era forte, alto e generoso; lavorava nell’informatica, in proprio e a contratto stagionale con l’ente Poste; studiava giurisprudenza presso l’Universita "La Sapienza" di Roma; era stato chiamato dall’Assivolo per il controllo del traffico aereo civile.
In servizio militare era stato Allievo Ufficiale Pilota presso l’Accademia di Pozzuoli, poi alla Scuola Volo di Latina; nello sport era campione di Karate e gareggiava a livello nazionale; aveva rapporti di amicizia con giovani di diversa estrazione sociale, artigiani e agricoltori ma anche Ufficiali piloti, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza con i quali ancora oggi la mia famiglia и in contatto.
Dopo il lavoro Giuseppe si dedicava come poteva ad aiutare ragazzi disabili mentre i ragazzi sani e forti cercava di addestrarli in palestra nelle arti marziali.

Mio figlio era un ragazzo equilibrato, pronto ad affrontare la vita con volontа, coraggio ed orgoglio; la grande capacitа di attenzione e di reazione, della quale era dotato per l’attivitа militare e sportiva svolta, non gli и bastata, in quella sera fatale, di fronte all’altrui comportamento omicida.

Alberto Sciarpelletti

associazione italiana familiari e vittime della strada