Testimonianza n°4

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Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada onlus

Testimonianze

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Grazie all’Associazione “Familiari Vittime della Strada”  adesso riesco ad avere ancora una speranza di potermi risollevare. Stavolta ho  deciso finalmente di fare una ricerca su Internet, dopo tante vicissitudini, e l’ennesima ingiustizia subìta, e così mi sono imbattuta nel sito dell’Associazione Familiari Vittime della Strada. Così ho trovato delle persone disponibili ad ascoltare e a comprendere, con la solidarietà che soltanto chi ha  vissuto certi problemi  riesce a dare agli altri.

            Quasi 20 anni fa sono stata investita da un’auto mentre uscivo dall’Università di Roma. Mi trovavo al centro della carreggiata e stavo attraversando l’altra metà della strada, quando ero quasi vicina al marciapiede, la Ford Escort, che sembrava così lontana, in un attimo mi è piombata addosso, ho sentito un colpo quasi istantaneo contemporaneamente ad un fianco e alla testa. La macchina mi aveva  scaraventato per aria, catapultando la mia testa contro il parabrezza, e poi  la frenata brusca mi aveva  risospinta verso terra.   Sono ricaduta su un fianco, dolorante e stordita,  ma cosciente. L’auto aveva lasciato una strisciata sull’asfalto di circa 7 metri, andava a forte velocità, e l’autista ha detto di non avermi vista. I vigili urbani, intervenuti immediatamente, mi hanno portata in ospedale, accompagnandomi sull’auto stessa che mi aveva investita. Al posto di polizia dell’Ospedale però l’investitore ha lasciato una targa sbagliata, e così fu difficile rintracciarlo.   L’Assicurazione dell’investitore inoltre andò fallita poco tempo dopo, e il risarcimento non avvenne. Nel frattempo  io venni ricoverata  in Astanteria in attesa di controlli medici, ma fu effettuata solo una radiografia del cranio, e nessun altro esame diagnostico, o specialistico, tranne quelli di routine. La diagnosi era: contusione vertice del capo, anca.  I medici non si avvidero delle condizioni della mia colonna vertebrale, né delle conseguenze del trauma cranico-cervicale, e furono molto superficiali e perfino sprezzanti nei miei confronti. Io fui talmente esacerbata da questo comportamento in ospedale che firmai per uscire, e dopo tre giorni venni dimessa. Ma successivamente iniziarono dolori forti che mi costrinsero a letto per un mese circa. Poi mi ripresi, e continuai la vita di sempre, studiando e lavorando. Ma dopo due anni  i dolori ricominciarono forti, e un controllo ortopedico rivelò le condizioni disastrose della mia colonna vertebrale. Avevo una scoliosi pregressa, che era ormai stabilizzata, ma dopo l’incidente l’equilibrio della colonna era stato compromesso dal trauma, e fu necessario un intervento doloroso e complicato a tutta la colonna vertebrale, cementando quasi tutte le vertebre e apponendo una barra metallica lungo la colonna. Per due anni  fui ingessata dalla testa alle anche, e dopo 2 anni  mi diagnosticarono una iperplasia timica, anche questa probabile conseguenza del trauma, fu necessario un nuovo intervento per asportare la ghiandola timica, che mi soffocava e mi causava forte astenia muscolare.  Nel frattempo non ho avuto alcun riconoscimento del nesso di causalità tra l’incidente e questi due interventi con notevole aggravamento delle mie condizioni e danni esistenziali molto seri.  La causa di risarcimento era già partita  male, per di più non avevo perizie medico-legali di parte  abbastanza valide per sostenere le mie ragioni, l’investitore era introvabile, e in conclusione nel 1992, dopo il secondo intervento, venni liquidata  con una somma di 5 milioni di vecchie lire. Inutile dire che dovetti immediatamente spenderli per le cure e le visite mediche, trovandomi in condizioni disastrose, con la vita e la salute rovinati per sempre, e inoltre senza il riconoscimento del grado di invalidità  commisurato alle mie effettive condizioni.  Ancora oggi non ho avuto alcuna  giustizia  in nessun settore, né medico-legale, né assicurativo. 

            Ma, come se non bastasse,  ho dovuto subire una seconda  avventura, questa volta  all’interno di un bus  di servizio pubblico. Nelle mie condizioni non posso guidare autovetture, di nessun tipo,  e ora, dopo questo secondo incidente cammino con difficoltà perché ho anche una radicolopatia  lombare che, aggiunta alla rigidità della intera colonna vertebrale, mi rende difficile  mantenere l’equilibrio, specialmente sui mezzi in movimento, metro e bus, dove spesso cado di peso, senza la possibilità di reggermi sulle gambe.  In questo secondo incidente  il pulmino, per evitare una macchina che  gli stava tagliando la strada, ad un incrocio, in discesa, ha frenato due volte, la seconda volta ripartendo insieme a quell’automobilista e poi inchiodando di botto l’autobus per evitarlo di pochi centimetri, mentre io all’interno sono stata sbalzata dal sedile e, avendo spazio vuoto davanti e nessun sostegno, sono letteralmente volata senza avere la possibilità di aggrapparmi per  finire scaraventata  poi contro un pannello metallico. Il forte trauma cranico-cervicale con commozione cerebrale mi ha fatto perdere i sensi per qualche secondo. Poi rinvenuta, sono stata portata in ospedale sullo stesso pulmino, mentre io cercavo di farmi coraggio per non angosciare mia madre, che era già molto provata e aveva perduto una nipote di 27 anni  morta in un incidente il giorno di Natale,  mia cugina che per lei era come una figlia. Per tornare al mio caso, in ospedale sono stata   trascurata, non mi è stata  effettuata né una TAC, né una lastra, solo la visita di Pronto Soccorso. Dopo  2 giorni, alzandomi per la prima volta, nonostante accusassi un grave malessere con vertigini e cianosi, non sono stata visitata, e curata solo con Mesulid. A distanza di 7 giorni dall’incidente mi hanno somministrato delle flebo di cortisone. Successivamente le mie condizioni sono peggiorate, e  tuttavia anche in questo caso,  grazie alla cartella clinica  superficiale, senza visite né esami neurologici, e neppure oculistici, senza radiografie né TAC,  non mi è stato riconosciuto il danno effettivo subito da qualsiasi punto di vista.  Quindi ora mi è quasi impossibile riuscire ad andare avanti, e devo continuare a lavorare, con grande fatica e sacrificio. Devo ringraziare solo la Trambus, e il Comune di Roma,  che mi mette a disposizione il servizio per recarmi al lavoro. Ora sono  quasi disperata perché non ottengo giustizia, e ringrazio di aver incontrato l’Associazione,  perché quello che ho scritto è solo una piccola parte delle sofferenze per quanto riguarda me, e una parte di quelle tragedie che molti vivono oggi  per la  negligenza  di chi guida  senza  attenzione e senza rispettare le regole della strada, e inoltre nonostante la ragione nella dinamica dell’incidente e la salute gravemente compromessa,  il sistema delle Assicurazioni ci liquida con una miseria,  con un doppio insulto.  E’ difficile andare avanti, ora sono veramente stanca, e non ho più la forza di lottare, ed è mio fratello, vittima di una situazione più grave della mia, che ha perso la vista con un distacco di retina dopo il trauma cranico multiplo che gli ha provocato chi l’ha investito, a darmi coraggio e a stimolarmi a continuare a   vivere.  

C.M.

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Data di creazione: 15/07/2006 • 11:42
Ultima modifica: 11/03/2007 • 12:39
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