Opuscoli 11° volume 2010: Emanuele Marinacci
Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada onlus |
Emanuele Marinacci, 24 anni - Marsciano (PG) 6 giugno1983 - 15Aprile2007 |
|
Solo da poco tempo sono venuta a conoscenza di questa associazione tramite internet e non avrei mai voluto unirmi alle tante storie raccontate, di queste povere vittime.
Questa è la tragica e dolorosa storia di mio figlio Emanuele, che ci ha lasciati a soli 24 anni in un incidente stradale. La sua morte è un fatto irrisolvibile, irreversibile, come la morte di qualsiasi altro essere umano,ma la conoscenza delle ragioni per cui i fatti accadono, soprattutto quelli così tragici e improvvisi, diventa una sorta di culla sulla quale il dolore si adagia. Ciò che oggi mi spinge a scrivere è la necessità di sapere come di preciso sono andati i fatti quel giorno maledetto.
Era una tranquilla domenica di primavera il 15 aprile del 2007, dopo un magnifico pomeriggio passato in famiglia, Lele (così noi lo chiamiamo), intorno alle ore 18.00 , ci saluta con baci e abbracci, come era sempre solito fare, per raggiungere gli amici.
Circa alle 20.27 Lele si trova a percorrere la superstrada E45 3 BIS, quando al km 52, direzione nord, presso località Ripabianca ( frazione del comune di Deruta ) la sua bravo perde il controllo , per cause non accertate ( puramente ipotizzabili come distrazione), urta il guard-rail poi l'impatto sul newjersy e il suo corpo vola sull’asfalto per poi essere investito e trascinato per circa 20 metri da veicolo/i i cui conducenti sono completamente ignoti allo stato attuale.
Dal momento in cui Lele è stato scaraventato fuori dalla sua vettura, la ricostruzione certa dei fatti si ferma, e iniziano i nostri laceranti dubbi.
Alle 21,45 il telefono di casa suona, è un’amica di Lele che ci informa dell’incidente, pur non essendo a conoscenza delle sue condizioni; così, dopo svariati tentativi di metterci in contatto con lui, io, suo padre e suo fratello, ci siamo fiondati in macchina per raggiungere il posto.
La strada era bloccata dalle macchine e il traffico interrotto per circa 2 km, così eravamo impossibilitati a raggiungere il luogo dell’incidente; ricordo i bagliori dell’ ambulanza, dei vigili fuoco e dei carabinieri, che si scorgevano in lontananza; le parole diventano mute davanti alla possibilità di descrivere la sensazione che si prova in quei momenti; solo chi c’è passato può capire.
Chiedendo informazioni agli automobilisti trovati in coda ci dissero che nostro figlio veniva trasportato al pronto soccorso del policlinico Silvestrini di Perugia, cambiammo subito strada, per dirigerci lì.
Intorno alle 23.00 eravamo ancora al pronto soccorso,ad aspettare un’ambulanza fantasma, che non è mai comparsa davanti ai nostri occhi. Mio figlio, lo conoscevano tutti, in paese, e non ,la notizia del fatto, aveva provocato un tale eco, da far arrivare, come dei fiumi in piena, parenti e amici.
Loro sapevano già, che quell’ambulanza non sarebbe arrivata mai, ma nessuno aveva il coraggio di dircelo.
Ricordo un vigile del fuoco venirmi incontro, con espressione contrita,e dopo aver posato nelle mie mani la catenina che Lele portava al collo, mi ha consegnato i suoi documenti, dicendomi che qualcuno, non ricordo chi ci avrebbe dato delle spiegazioni.
Spiegazioni che ho aspettato a lungo e invano e che cercavo con muta disperazione nei volti di chi mi passava accanto.
Dopo un po’, la notizia che mio figlio si trovava all’obitorio, arrivò anche a noi .
L’atrocità di quei momenti era talmente forte che non riuscivamo a sentirli veri, come se non stessero realmente accadendo a noi, cambiando per sempre le nostre esistenze; lo stato confusionale anestetizzava l’amara consapevolezza che Lele non sarebbe più tornato a casa.
Volevamo vederlo a tutti i costi, ma non ci fu permesso; la motivazione era che, il suo corpo, doveva essere pulito. Più la rileggo, più mi sembra assurda.
Noi non l’avevamo visto, infondo, potevano anche essersi sbagliati e l’illusione di vederlo rientrare ci accompagnò fino a casa per poi essere infranta il mattino seguente.
Da quella sera sono passati due anni e mezzo e al crescere della consapevolezza, dell’assenza fisica di Lele, della sua dolce essenza, crescono anche forti incertezze sulla dinamica dell’incidente. La prima verte sul fatto che l’autopsia sul suo corpo non è stata autorizzata ne eseguita da nessuno. Perché? Si potrebbe ipotizzare che la non effettuazione dell’autopsia sia dovuta a due diverse ragioni: la prima è che in sede di accertamento da parte delle forze di polizia, nel luogo in cui è avvenuto il decesso, la polizia medesima, abbia reso note delle circostanze tali da escludere in modo certo che il decesso medesimo sia stato conseguenza di eventi diversi da un incidente compiuto in modo individuale; la seconda ragione potrebbe ricondursi ad una colpa del medico ( colpa intesa in senso tecnico come negligenza, imprudenza e imperizia), il quale era adibito all’effettuazione dell’autopsia di cui trattasi.
Un altro argomento di forte incertezza, conseguente al primo, riguarda il momento esatto della morte. Ci è stato detto che il decesso è avvenuto sul colpo (per tanto senza il coinvolgimento di terzi) , ma pochi giorni fa il nostro legale ci informa di alcune certezze rivelate da un testimone , un medico di passaggio che ha prestato soccorso a mio figlio sostenendo che era ancora in vita; per tanto il suo decesso sarebbe avvenuto in un tempo successivo all’investimento e non prima, come ci era stato inizialmente riferito. La testimonianza del soccorritore è in totale contraddizione con l’ipotesi del personale medico e in oltre, mancando i presupposti idonei a giustificare un assenza di autopsia, sembra doversi ritenere a questo punto necessario rivalutare l’incidente nel suo complesso, a principiare dalla determinazione del momento esatto in cui il decesso è avvenuto.
Quindi : qual’ è la causa tangibile e scientificamente provata della sua morte?Sono due anni e mezzo che non vedo Lele, non lo abbraccio, non sento la sua voce, non apparecchio per lui a tavola e una semplice ipotesi non può bastare.
Così, nonostante è passato del tempo, ho deciso di uscire dal mio tormentato silenzio, di dar voce a miei pensieri e fare una sorta di appello, attraverso questo sito, a tutti coloro che sanno, che hanno visto e che non hanno mai parlato. Cerchiamo quelle persone che sono passate di lì, quella sera, in grado di riferire circostanze utili alla definizione della vicenda nel modo più esauriente possibile; personale di primo soccorso, che potrebbe aver visto o informalmente sentito persone che si trovavano sul posto prima del loro arrivo; qualsiasi cosa, anche minima, potrebbe fare molto la differenza.
Mi rivolgo, però, in particolare a coloro che hanno investito e trascinato il suo corpo senza fermarsi e prestare o chiedere soccorso. Questo pensiero, ci fa impazzire, e non credevamo ci fosse qualcosa di peggiore della morte di Lele. Mi chiedo, come possono, queste persone, convivere con la propria coscienza come se nulla mai fosse accaduto.
So che è una battaglia inutile e dolorosa, perché niente e nessuno potrà restituire la vita di mio figlio, ed anche se non troverò le risposte che cerco sento che è giusto così, devo difendere la dignità di mio figlio, per non farlo morire due volte: sull’asfalto e nell’indifferenza. Un ultimo pensiero e desiderio: Poter conoscere e incontrare la signora che si è presa cura di mio figlio tenendogli la mano dolcemente, chiamando disperatamente i soccorsi; spero tanto un giorno di poterla abbracciare e ringraziare, augurandole tutto il bene di questo mondo. Ringrazio anticipatamente chiunque è in grado di aiutarmi. La mia mail è: m.carla@hotmail.it, per chi volesse rimanere anonimo.
|
|
Data di creazione: 25/02/2010 • 23:08
Ultima modifica: 25/02/2010 • 23:19
Pagina letta 5616 volte